Secondo uno studio eseguito da Kearney sui dati delle Camere di Commercio americane per circa un secolo, il destino della vostra azienda è segnato. A tendere, prima o poi nel tempo, in ogni settore merceologico, esisteranno soltanto due operatori.
Nel campo della produzione degli aerei civili è già successo con Boeing e Airbus; nella vendita di veicoli industriali ci si sta avvicinando con otto player principali in Italia (Iveco, Volvo, Scania, Mercedes, Daf, Scania, Renault, Man, Ford). I marchi di auto oggi sono un po’ di più, ma si stanno via via aggregando.
I numeri dimostrano che questo trend è inevitabile. Ogni imprenditore dovrebbe quindi a porsi la domanda: sarò io uno dei due che sopravviveranno? Se la risposta fosse negativa, anziché disperarsi, occorre prepararsi per affrontare al meglio quel momento. Che magari arriverà tra molti anni oppure nel breve.
Ecco un decalogo di domande che possono facilitare il ragionamento nel momento in cui si decide di vendere o acquistare un'attività economica. A rispondere sono gli esperti in Private Equity di Actiongroup.
1. Quanto può valere la mia azienda?
Oggi è abbastanza consolidato il fatto che il valore di un’azienda dipenda principalmente da un moltiplicatore della redditività. L’EBITDA, cioè l’utile prima delle tasse corretto
con la situazione finanziaria, è l’indicatore che di solito viene preso in considerazione. Ogni settore merceologico ha un suo moltiplicatore che nei casi più bassi è di qualche unità.
Purtroppo poco importa della storicità di un marchio, della professionalità dei dipendenti, e alle volte poco contano anche la specificità dei prodotti e solvibilità dei clienti.
Salvo casi particolari in mercati di nicchia questa è la regola.
2. Chi potrebbe comprare la mia azienda?
Diversi sono soggetti interessati ad acquisire una società, sostanzialmente raggruppabili in tre categorie:
- investitori finanziari che puntano a un valorizzazione dell’investimento nel medio breve termine;
- investitori industriali che cercano sinergie e crescita di fatturato;
- gli stakeholder, primi fra tutti i dipendenti, i manager e talvolta i clienti che, in condizioni di crisi, subentrano alla proprietà per garantire la continuità dell’attività.
3. Perché dovrebbero avere interesse nella mia azienda?
Imprenditori e investitori differenti hanno ovviamente anche interessi diversi. Ogni azienda, grande o piccola che sia, in salute o in difficoltà, recente o storica, con un buon patrimonio o semplicemente con un interessante giro d’affari può avere delle ragioni per essere acquisita. Tra queste non vanno dimenticate: la professionalità dei dipendenti, i macchinari, le quote di mercato, i clienti eccellenti in portafoglio, le certificazioni e le autorizzazioni, gli investimenti effettuati e persino l’appetibilità per operazioni immobiliari.
4. Cosa devo fare per vendere la mia azienda?
È più facile dire quello che non si deve fare. Non si deve agire di impulso, magari sull’onda di una delusione, dell’entusiasmo o di un litigio. Una decisione così importante corona anni di vita dedicata al lavoro e va presa con razionalità e per gradi. Occorre comprenderne le varie sfaccettature e prevederne scenari differenti, inclusi quelli meno favorevoli. Per fare questo, anche se come al solito nessuno si può sostituire all’imprenditore nelle scelte finali, è importante essere affiancati da un team di esperti che portino tutte le competenze necessarie.
5. A chi mi posso rivolgere?
La scelta dell’advisor non deve essere basata su un approccio superficiale. Un po’ come il procuratore per un calciatore o un agente immobiliare, l’advisor è quello che permette di massimizzare il ritorno, ridurre i rischi e accorciare i tempi della transazione.
Due sono gli aspetti più importanti da considerare: gli anni di attività sul mercato e un approccio basato sui numeri, ovvero i data driver - come diciamo noi in Actiongroup - piuttosto che su millantate rete di conoscenze.
6. Io e la mia famiglia, se decidiamo di vendere, potremo rimanere in azienda?
Di norma chi acquista ha la necessità di garantire una continuità aziendale. Spesso è possibile mantenere una quota di proprietà oppure garantire a se stessi per i figli una posizione lavorativa. L’imprenditore deve capire fin da subito che non potrà continuare a comandare né a detenere una quota di maggioranza: di solito chi acquista o investe vuole essere libero di decidere le strategie aziendali senza condizionamenti. Se non si è disponibile ad accettare tutto questo, tanto vale concordare un’uscita e dedicarsi completamente ad altro.
7. Vorrei vendere la mia attività ma la redditività è bassa. Cosa fare?
In questi casi, come sempre, chi ha più fretta è in una posizione di debolezza. Ma molto spesso è sufficiente attendere un anno o due ,e nel frattempo, mettere in atto una serie di strategie operative che possano migliorare la redditività. Ci si concentra in particolare sul ridurre i costi, aumentare il fatturato e la marginalità con una diversificazione di clienti e settori, rimodulando i debiti dal breve al medio lungo termine e consolidando i valori intangibili in brevetti, esperienze, metodologie.
8. Vorrei comprare un’azienda per aumentare il mio fatturato: come posso valutarne la marginalità?
I bilanci civilistici purtroppo sono soggetti a una certa dose di… soggettività. Nella metodologia di Actiongroup prevediamo almeno sette criteri di riclassificazione della marginalità che tengono conto degli investimenti a lungo termine, delle modalità di distribuzione degli utili, della proiezione dei ricavi, solo per citare alcuni.
9. Posso operare in autonomia sul mercato?
Onestamente, anche se può sembrare un interesse di parte, lo sconsigliamo. Un intermediario, con professionalità, soppesa le informazioni da fornire e quelle da raccogliere. In questo modo può anche schermare l’imprenditore, sia per un motivo di riservatezza - dato che non è così bello per i clienti sapere che il proprio fornitore sul mercato è in vendita - sia per impostare una strategia negoziale vincente, perché si sa che chi ha più informazioni nella trattativa trionfa.
10. In quanto tempo verrò pagato?
In una compravendita così complessa le parti hanno margini di trattativa, ma per evitare di essere dipendenti dal compratore e dal successo delle sue strategie è possibile ricorrere a strumenti finanziari come leasing, fideiussioni, lettere di impegno che possono garantire al venditore un incasso immediato e al compratore di finanziare sui canali bancari la sua operazione.
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